giovedì 14 febbraio 2008

Cannabis, l'oro verde del Sud

«Lo chiamano l'oro verde del Sud. Centinaia di ettari perfettamente curati, decine di serre sparse tra Sicilia, Calabria, Puglia e Campania, un numero imprecisato di vivai che lavorano a pieno ritmo per rifornire di piantine […] Chi coltiva la cannabis non è in realtà un vero contadino, ma neppure un criminale incaricato da chissà quale organizzazione di trafficanti. I nuovi produttori di cannabis hanno 25-30 anni, al massimo 40. Sono studenti, impiegati, imprenditori e commercianti. Spesso con qualche insuccesso professionale alle spalle, quasi sempre senza precedenti penali.»

In pratica leggendo l'articolo, sopra citato, del giornalista Salvo Palazzolo di “Repubblica.it”, viene da pensare che coltivare cannabis non è poi così allarmante, perché non sono le organizzazioni mafiose a produrle, ma gente comune: impiegati, studenti, imprenditori. Quindi come se fosse, per certi versi, un fatto pietoso e non esageratamente grave.
Invece è inquietante che a produrre droga sia gente tendenzialmente non propensa al reato. Beh, certo, in Italia sono anni che si fa, in maniera ambigua, una campagna a favore delle “canne”: comici, politici ed anche ministri di sinistra, come la Livia Turco, tendono a ridimensionare il pericolo dell’assunzione della droga dei fricchettoni, con campagne antiproibizioniste e depenalizzazioni dei reati sulla detenzione. Tanto che lo “sballo” per alcuni è diventato un diritto, grazie alla cultura in cui è vietato vietare, anche se va a discapito della salute altrui.

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